Il Post Covid: ripensare la politica estera europea
L’emergenza sanitaria ha messo
a dura prova la tenuta politica ed economica di molti Stati, compresi i 27
dell’Unione Europea.
L’impatto geopolitico potrebbe
porre seriamente in discussione tanto le dinamiche di solidarietà interna,
quanto la credibilità esterna di un’istituzione simbolo del multilateralismo
democratico occidentale: se, dunque, è evidente l’urgenza di ricostruire la
struttura sanitaria ed economica Europea, altrettanto necessario è rimodellare
il ruolo geopolitico di quest’ultima in un sistema internazionale che, in un
ipotetico futuro “post Covid”, sarà probabilmente monopolizzato dalle due
superpotenze della nostra epoca: Cina e Stati Uniti.
La crisi provocata dall'epidemia
evidenzia, nella politica Europea, numerose falle ed aree critiche
particolarmente meritevoli di attenzione: in primo luogo, l’esacerbarsi delle
differenze di approccio alla politica economica tra i più rigorosi Paesi
centro-settentrionale ed i più flessibili Stati Meridionali contribuisce in
netta misura alla diminuzione della credibilità dell’intero “impianto UE”; in
secondo luogo, la crisi della solidarietà europea andrebbe a riverberarsi
direttamente sulle politiche di difesa e sicurezza comune: la mancanza di un
coordinamento in tal senso, lascerebbe esposta l’Unione ad eventuali politiche
aggressive da parte di potenze esterne pronte a perseguire interessi
tendenzialmente contrastanti rispetto a quelli di competitor commerciali come è
appunto l’UE.
Infine, anche il “soft power”
potrebbe subire un duro colpo: l’enorme sforzo economico messo in atto dalle
istituzioni europee per far fronte all’emergenza sembra essere passato in
secondo piano rispetto agli aiuti che hanno fornito Russia e Cina ai paesi più
colpiti.
Ma l’azione delle potenze
concorrenti è stata davvero migliore?
Gli Stati Uniti hanno
inizialmente sottovalutato la situazione, trovandosi ora a dover fronteggiare,
al di là della disastrosa situazione sanitaria, una crisi economica senza
precedenti, che, negli ultimi mesi, ha già provocato un incremento della
disoccupazione di oltre trentasei milioni di persone.
La Russia, già colpita da una
svalutazione monetaria del 25%, è stretta nella morsa di una crisi della
leadership, aggravata ulteriormente dal crollo del prezzo del petrolio, ora ben
sotto i 30 dollari al barile
Ed infine il regime cinese,
accusato da gran parte della comunità internazionale, ed in modo particolare
dal presidente Trump, di aver nascosto i dati epidemiologici relativi
all’andamento del contagio e di aver quindi mal gestito la fase iniziale
dell’emergenza.
La situazione di incertezza
internazionale, tuttavia, non può giustificare la grave mancanza Europea di
strumenti politici ed economici, drammaticamente evidenziata dall’epidemia e
alla quale gli Stati membri dovranno irrimediabilmente provvedere: maggiori
risorse per i sistemi sanitari nazionali; necessità di stimolare le politiche
fiscali e maggiore flessibilità sui deficit di bilancio; l’importanza di un
coordinamento interstatale della politica estera e di difesa che miri a gestire
le numerose crisi internazionali in corso.
All’indomani del superamento
dell’emergenza, è improbabile che assisteremo ad un’evoluzione multilaterale
del sistema internazionale: le drammatiche conseguenze economico-sanitarie,
spingeranno i regimi non democratici ad adottare ancora una volta una visione
hobbesiana della politica internazionale; le guerre in Libia, Ucraina e Siria
continueranno a svolgere un ruolo cruciale nell’assetto geopolitico delle
grandi potenze.
Le sfide globali non
scompariranno. Spetterà ai leader europei evitare che il virus distrugga
l’Europa geopolitica e rimediare, finalmente, agli errori commessi in passato.
G.R.
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