MIGRAZIONI, PRO O CONTRO? PARTE 1
L’immigrazione consiste in uno
spostamento permanente o temporaneo di un individuo, o di un gruppo di
individui, in un luogo diverso da quello di origine. Le migrazioni hanno caratterizzato
la vita dell’uomo sin dalle sue origini, con gli spostamenti dall’Africa,
dall’Asia all’Europa, fino a quelli in età moderna, spinti dalla conoscenza di
nuove aree geografiche dovute alle navigazioni del XV secolo e dalla
rivoluzione industriale del XVIII secolo.
L’inquadramento di tale fenomeno è
difficile da valutare in quanto le politiche di accoglienza esercitano
un’influenza sulle politiche economiche, ma anche sulla situazione demografia, sulla
politica in senso stretto e sulla società. Nel Paese di destinazione il
migrante può trovarsi davanti due situazioni antitetiche: una di sovrappopolamento
ed una di sottopopolamento. Nel primo caso (che a sua volta può essere
causa di emigrazione), le risorse a disposizione sono scarse rispetto ai
bisogni, e ciò provoca malessere generale e tensioni sociali aggravate dal
flusso migratorio in entrata, contribuendo al disequilibrio. In caso di
sottopopolamento, invece, le risorse sono sottoutilizzate ed il migrante, in
questo contesto, potrebbe avere maggiore facilità di inserimento anche in
ambito occupazionale contribuendo allo sviluppo del Paese.
In ogni caso, quelli analizzati sono
fenomeni sociali, non fisici, pertanto un Paese in grado di produrre sviluppo
in modo incisivo, anche se densamente popolato, ha possibilità di accogliere
ancora, mentre uno Stato incapace di generare benessere per la collettività, sebbene
scarsamente popolato, tende ad avere difficolta nell’accoglienza e nell’integrazione.
In un contesto a crescita zero
o negativa, l’occupazione dei migranti determina una diminuzione di
produttività per i lavoratori già occupati, ed estremizzando è possibile
comprendere facilmente che non è possibile superare un dato numero di
assunzioni, poiché, alla crescita degli occupati, deve corrispondere una
decrescita dei salari, la quale non consentirebbe ai lavoratoti di avere un tenore
di vita accettabile.
In un contesto a crescita positiva
il profitto (o il surplus del prodotto rispetto alle risorse) può essere
impiegato per altre assunzioni o per lo sviluppo della tecnologia, e ciò
potrebbe porre le basi per un sistema di crescita continua che si autoalimenta.
Dal punto di vista occupazionale,
i migranti possono essere distinti tra qualificati e non qualificati, oppure è
possibile far riferimento a caratteristiche quali esperienza lavorativa,
conoscenze e le capacità tecniche e relazionali possedute. Un’attenzione
particolare è da riservare ai cosiddetti high skilled migrants, ovvero quei
migranti dotati di un alto livello di competenze: essi, infatti, sono in grado
di influenzare l’economia e la società del paese di destinazione grazie alle loro
idee ed opere, generando eventualmente nuovi posti di lavoro, contribuendo a
diminuire la disoccupazione, distribuendo redditi che entrerebbero nel tessuto
economico e generando nuove opportunità di crescita e sviluppo.
Guardando l’aspetto sociale,
possiamo infine osservare come esistano diverse cause motrici dell’immigrazione.
Accanto a coloro che emigrano per motivi di lavoro, esistono infatti migranti
forzati, costretti da violazioni di diritti civili, politici ed umani; migranti
economici, mossi dalle condizioni di povertà estrema esistenti nei Paesi
d’origine. Tra questi, poi, una categoria particolare è rappresentata dai migranti
climatici, costretti a lasciare le proprie terre a causa del cambiamento
climatico, causa di carestie e conseguenti conflitti nei Paesi d’origine. A
prescindere dalla motivazione, l’integrazione, che sia temporanea o permanente,
è un processo che coinvolge sia i residenti che i migranti stessi, e che
dipende dalla capacità dei Paesi di generare un adeguato livello di sviluppo a
sostegno di politiche per l’immigrazione inclusive. Sicuramente una cultura
aperta allo straniero ed al diverso, che coltiva i valori di fratellanza,
solidarietà, rispetto ed unione, aumenta le possibilità di un inserimento nel
tessuto sociale ed economico dei nuovi arrivati.
In conclusione, possiamo
osservare che una corretta integrazione dei migranti può avere effetti molto
positivi se le circostanze lo permettono: può creare posti di lavoro; può
apportare nuove idee per risolvere problematiche grazie ad una contaminazione
di idee e culture; può permettere un miglioramento nelle relazioni
interpersonali ed un miglioramento interiore della persona; consente di
comprendere che non sempre la diversità non sia un fattore negativo, ma la
stessa può essere la condizione necessaria per elevarci, e che magari soltanto
con i nostri mezzi non saremmo stati capaci di raggiungere.
La Costituzione sottolinea più
volte nei suoi primi dodici articoli i principi fondamentali da adottare nel
nell’interpretare le questioni sociali del paese, tra le quali ricade
sicuramente l’immigrazione. D’altra parte un aumento della conflittualità
interna non fa altro che rallentare e rinviare il progresso sociale del Paese,
in particolar modo nell’attuale era della globalizzazione, in cui gli Stati
nazionali diventano progressivamente sempre più interdipendenti.
A.P.
Comments
Post a Comment