Covid-19: quale futuro per l'ordine mondiale?

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“La più grande crisi economica dai tempi della Grande Depressione”: è così che il Fondo Monetario Internazionale ha definito le conseguenze economiche prodotte dalla emergenza coronavirus che ha ormai assunto una dimensione planetaria, da quando l’Organizzazione mondiale della Sanità ha deciso di dichiarare lo stato di pandemia.

Questa crisi senza precedenti, tuttavia, non ha colpito solamente il comparto economico e finanziario, ma ha prodotto un impatto notevole sugli equilibri del sistema internazionale: tali conseguenze dureranno a lungo e condizioneranno fortemente i comportamenti degli Stati e delle organizzazioni internazionali come l'UE, mai debole come ora.

Intanto Stati Uniti e Cina continuano a contendersi il ruolo di potenza egemone nell'attuale sistema delle relazioni internazionali: in particolare i primi stanno confermando una volta di più di volersi tirare fuori dalle grandi questioni della politica globale, dirigendosi verso un pericoloso isolazionismo che potrebbe  rovesciare definitivamente la configurazione delle alleanze internazionali favorendo l'allineamento di molti paesi europei verso regimi non propriamente democratici come la Russia e la Cina.

Quest’ultima, dal canto suo, è riuscita a conquistare la fiducia di molti paesi europei attraverso quella che viene, e non a torto, definita “diplomazia delle mascherine”: distribuzione di materiale sanitario, invio di personale medico qualificato nei Paesi più in difficoltà ed erogazione di ingenti finanziamenti alle istituzioni internazionali più influenti.

La retorica Trumpiana dell’«America First», ha escluso gli Stati Uniti dal progetto di ripresa economica collettiva che l’Unione Europea sta tentando faticosamente di portare avanti; ripresa che potrà essere effettiva solamente se gli Stati dimostreranno di poter cooperare tra loro e condividere le spese necessarie per contrastare le già gravi conseguenze che la pandemia ha inferto all’economia globale.

Il ruolo dell’UE è cruciale in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo, sia per la centralità che questa ricopre nelle pratiche della politica internazionale, sia per la sua credibilità come attore decisionale in un sistema sempre più bipolare: le ingenti forme di finanziamento messe a disposizione dalla BCE (liquidità per 750 miliardi di euro), dalla BEI (100 miliardi per il sostegno alle imprese) e dal piano SURE (100 miliardi per finanziare la cassa integrazione), sono solo il primo passo di un cambiamento di rotta della politica monetaria europea accompagnata da una politica fiscale espansiva che miri ad investire in settori cruciali quali l’istruzione, la sanità e la ricerca.

Per contrastare il sempre più crescente «soft power» cinese è necessario che l’Unione, terminata la fase emergenziale, metta in discussione parametri che non sono più idonei ad affrontare le grandi sfide che la comunità internazionale e in primis lei stessa sono chiamati ad affrontare: globalizzazione, terrorismo globale, diseguaglianze economiche e sociali, crisi internazionali non possono essere fronteggiate con indifferenza e forme di egoismi volti a preservare l’interesse nazionale di alcuni paesi che, nonostante l’enorme potere politico, non hanno intenzione di guidare il sistema internazionale verso un orientamento liberale e multilaterale.

Una nuova era si appresta ad avere inizio.

G.R.

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