L’Editoriale: Sanità pubblica, luci e ombre.


L’Italia è stato il primo Paese a livello mondiale ad introdurre il diritto alla salute nella propria Costituzione (art.32), definendolo come diritto inviolabile dell’uomo. Tale diritto è uno dei pilastri del Welfare State e in Italia esso è garantito sia a livello pubblico, finanziato attraverso il pagamento delle tasse, sia a livello privato fornito dietro pagamento diretto della prestazione. Nel corso degli anni si è verificato un paradosso: il servizio pubblico è iniziato a costar di più nonostante quest’ultimo sia un offerto dallo Stato, e quindi dovrebbe andare incontro alle esigenze del cittadino. Oltretutto il sistema non riesce ad assorbire la domanda, che risulta più alta dell’offerta, e per questo i tempi di attesa sono più lunghi del necessario – costringendo così la popolazione a rivolgersi al settore privato.  Abbiamo principalmente due ragioni che gravano su questo ambiente: in primis abbiamo i tagli effettuati, e come secondo fattore abbiamo i fondi pubblici che, per un motivo o per un altro, non sono sufficienti per garantire il servizio. In entrambi i casi si può constatare una diminuzione del denaro previsto per il sostentamento del servizio offerto, e quindi si è costretti ad operare una diminuzione dello stesso. Anche se si pensasse di optare per un aumento delle tasse per sostenere il settore pubblico, questo non sarebbe possibile, in quanto l’Italia ha già un sistema fiscale estremamente rigido. Questo stato della sanità, andando ad unirsi ai vari disagi di altri campi porta a vivere una situazione complicata per le categorie meno abbienti. Pensiamo ad esempio ad un anziano con una pensione bassa che necessiti di cure: come può “vivere” in un sistema del genere? A voi la risposta. L’epidemia attualmente in corso può aiutarci a prendere meglio coscienza delle difficoltà che sta incontrando il nostro Paese nell’affrontare tale situazione: non è possibile certamente affermare che se non fossero stati operati tagli non ne avremmo risentito, ma forse possiamo, con le dovute cautele, dire che avremmo potuto avere una diversa risposta all’emergenza, alla pari di quella che si sta avendo in Germania, un Paese che investe nella sanità e che sta egregiamente gestendo il virus con il suo sistema sanitario. Qualcuno potrebbe tranquillamente obiettare sostenendo che la situazione economia è diversa tra noi e la prima forza europea, e anche a ragione, ma sarebbe proprio a quel punto che occorre porsi una domanda: perché? Qui è possibile evidenziare un motivo – tra i tanti - per cui i soldi pubblici non sono mai sufficienti: la corruzione. Parlarne certamente richiederebbe un discorso a parte, ma è sufficiente citare un caso, un evento: l’inchiesta “mani pulite”, che, nei primi anni ’90 demolì l’intera classe dirigente di un Paese, e da cui il settore sanitario non rimase escluso, avendo– purtroppo – la sua parte con l’indagine che coinvolse Duilio Poggiolini, ex direttore generale del servizio farmaceutico nazionale del ministero della sanità. Insomma, anche la sanità ha avuto la sua parte buia, ma del resto come ogni ambito in cui vi sia un business.

A.P.

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