L’Editoriale: Europa si, Europa No. Qualche piccola riflessione
“Uscire
dall’Europa”, questo è quello che si legge maggiormente, quale “volontà” degli
italiani. A mio avviso sono parole infondate dettate da un senso di diffidenza
verso le istituzioni europee, ma se la motivazione alla critica è la stessa
utilizzata per criticare il governo nazionale, allora stiamo a cavallo. Che
piaccia o meno, l’uscita dall’Eurozona è cosa molto delicata da attuare, perché
ad un momento di “finta crescita” seguirebbe – molto probabilmente - una discesa
in picchiata.
Se l’Italia
dovesse tornare alla lira, sia che esca in maniera "soft" o "hard" (ai sensi dell' art. 50 del Trattato di Lisbona), si avrebbe una svalutazione della moneta che andrebbe ad
incidere sulla bilancia dei pagamenti, incrementando le entrate attraverso le esportazioni
e diminuendo le importazioni. Si avrebbe, certo, un aumento delle assunzioni
per una richiesta maggiore di produzione dei beni, ma sarebbe solo momentaneo,
perché entrerebbe un altro fattore: la globalizzazione. Avendo filiere
dislocate anche in altri territori nazionali, non solo il costo di ciò che si
importa sarebbe maggiore a causa della svalutazione, ma entrerebbero in gioco
anche i dazi che inciderebbero ulteriormente sul costo.
Questo problema
comporterebbe che le aziende, sia straniere che italiane, avrebbero meno
interesse a rimanere in Italia con il rischio di un aumento della
disoccupazione – incidendo così anche sulla produzione - che non andrebbe a
gravare solo sul PIL, ma che con ogni probabilità andrebbe a minacciare un
ulteriore aumento del debito.
Per
sostenere il debito la Banca d’Italia dovrebbe stampare altra moneta,
alimentando così l’inflazione, provocando un aumento dei prezzi ed erodendo il
potere di acquisto degli stipendi e delle pensioni, queste ultime già
danneggiate da un sistema previdenziale antiquato.
Nei
confronti dello Stato, i creditori si vedrebbero penalizzati perché una svalutazione
significa “essere più insolvente, quindi minor possibilità di adempiere all’obbligo
di pagare il debito”, aumentando così i tassi rischiando di entrare nella zona
di un’inflazione nociva per il nostro Paese.
Per non
parlare poi degli effetti che possono ricevere mutui e bollette, dove i primi
subirebbero un rincaro – rischiando quindi di non poter essere onorati – e le seconde
causerebbero – come se già non si fosse capito – un’altra perdita: l’Italia
sotto il punto di vista energetico non è autosufficiente, ed acquistare energia elettrica e
gas con una lira svalutata avrebbe costi eccessivi.
Ovviamente
l’economia non è una scienza esatta al 100%, ci sono fenomeni che prima o poi
sono usciti dagli schemi tradizionali (pensiamo alla stagflazione), ma che una
buona uscita possa accadere in questa situazione è altamente improbabile.
Sicuramente la situazione Europea è una roulette russa, è un sistema che sta
mostrando chiari segni di cedimento: pensiamo solo al fatto che quasi tutti i
Paesi Europei hanno raggiunto il 60% del rapporto Debito/PIL, o a come si
stiano comportando Olanda e Germania per quanto riguarda gli Eurobond per
affrontare la crisi. Dalla loro parte avranno anche ragione, lamentando:
“perché dovremmo andare di mezzo noi, che abbiamo sempre cercato di rispettare
i punti del patto di stabilità”, ma è anche vero che care Nazioni, firmando “quel
foglio”, automaticamente avete accettato di appartenere ad una organizzazione
che dovete contribuire a mantenere in piedi, e se la situazione lo richiede,
dovete sacrificarvi, proprio a causa di quella firma.
A.P.
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